I Papillomaviridiae sono una famiglia di virus epiteliotropici (che si localizza a livello degli epiteli), caratterizzati da un capside icoesaedrico (guscio esterno) e da un contenuto di DNA a doppio filamento (parte vitale, infettante).
I papillomavirus sono specie-specifici, quindi i sottotipi in grado di infettare l’uomo sono denominati Human Papillomavirus (HPV). Esistono numerosissimi sottotipi di virus in grado di infettare l’uomo (circa 130 diversi genotipi) sempre a livello degli epiteli (l’infezione da HPV a livello cutaneo è quella che da origine alle verruche). Circa 30-40 sottotipi sono in grado di infettare l’area anogenitale.

Papillomavirus: come avviene l'evoluzione verso il tumore

L’interesse per questa famiglia di virus è nato quando si è dimostrato che il DNA virale è presente nel 99.7% dei tumori del collo dell’utero. Si è così potuto dimostrare un nesso di causalità tra infezione virale e insorgenza di questo tumore che è uno dei più frequenti tumori femminili.
Con il tempo si è scoperto che questo virus è coinvolto nello sviluppo di altri tipi di tumori come quelli dell’ano, della vagina, della vulva, del pene, dell’orofaringe e del cavo orale. Il motivo per cui è meno noto il fatto che l’HPV abbia un ruolo anche in questi tumori è che non è presente in tutti (ne esistono anche tipi non legati all’infezione) e che sono in generale tumori meno frequenti.

In realtà l’infezione virale NON E’ ASSOLUTAMENTE SINONIMO DI TUMORE.  Si stima infatti che la maggior parte delle donne sessualmente attive sia venuta a contatto con l’infezione da HPV e l’abbia naturalmente eliminato attraverso il proprio sistema immunitario.

Quali sono quindi le condizioni in cui, invece, si sviluppa una lesione pretumorale o tumorale del collo dell’utero?

Abbiamo parlato dei sottotipi virali. Non tutti sono ugualmente aggressivi e sono stati pertanto divisi in classi diverse di rischio:

Alto rischio: 16, 18,, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58, 59, 68, 73, 82

Basso rischio: 6, 11, 41, 42, 43, 44, 54, 61, 70, 72, 81…

La prima condizione che comporta un rischio oncogeno è un’infezione da Papillomavirus ad alto rischio, dei quali i più frequenti sono in assoluto il 16 ed il 18, responsabili del 70% circa dei tumori.

A questo punto ci sono varie possibilità: che l’infezione sia efficacemente combattuta dal sistema immunitario, che si formi una lesione produttiva (condilomi) o che il DNA del virus si integri con il DNA dell’ospite. Questa ultima ipotesi mette a rischio di una possibile futura evoluzione verso il tumore.
Se il DNA viene integrato sono necessari fattori esterni per portare ad una evoluzione verso la lesione pretumorale e tumorale.
Come si deduce da questa sintetica spiegazione la strada per arrivare ad avere il tumore è molto lunga e non dipende solo dall’infezione (ma anche da stato immunitario, altri fattori di trasformazione…), ma senza l’infezione non c’è tumore (del collo dell’utero). Si dice pertanto che l’infezione da papillomavitus è condizione NECESSARIA, ma NON SUFFICIENTE allo sviluppo del tumore.

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Papillomavirus: come si contrae, quindi come si prende e come si trasmette

La trasmissione del papillomavirus è una trasmissione prevalentemente di tipo sessuale. Non è necessaria la penetrazione per il trasferimento del virus a livello cervicale, in quanto il virus può essere trasferito successivamente da un’area più esterna (perineo, vulva) ad una più interna (collo dell’utero). Esistono casi riportati di trasmissione attraverso indumenti o biancheria, ma sono aneddotici, la via principale di trasmissione è quella sessuale.
L’utilizzo del preservativo non assicura la protezione assoluta dalla trasmissione del virus in quanto rimangono aree muco-cutanee scoperte che possono trasmettere l’infezione, ma è comunque un accorgimento consigliato in quanto capace di ridurre in modo importante la trasmissione del virus tra partner sessuali.

Papillomavirus, quali sono i sintomi?

L’infezione da papillomavirus è per lo più silente, ovvero non dimostra alcun tipo di sintomatologia specifica in conseguenza della quale sia possibile accorgersi dell’infezione.
Attualmente abbiamo a disposizione l’HPV-test, che attraverso un prelievo del tutto simile al pap-test permette di indentificare la presenza di DNA a livello del collo dell’utero.
Alcuni tipi di HPV, in generale quelli a basso rischio, possono nell’1% dei casi circa dare vita a lesioni produttive benigne (condilomi vaginali, vulvari, perineali e perianali) queste lesioni non hanno in generale un potenziale di degenerazione tumorale.
In ancora una percentuale inferiore dei casi è possibile che si presentino le lesioni pretumorali del collo dell’utero (CIN) che possono essere individuate attraverso i test di screening (Pap-test).
Il messaggio è che questo tipo di infezione (in particolare quella a rischio oncogeno) non si manifastano in alcun modo ed è necessario sottoporsi a test specifici (test di screening, controllo clinico) per avere la possibilità di rilevare l’infezione ed i suoi effetti prima che questa possa evolvere verso lesioni potenziamente pericolose.

Papillomavirus nell'uomo

Il maschio non è immune dal rischio legato al Papillomavirus: come detto in precedenza questo virus è responsabile anche di alcuni tipi di tumori dell’ano del pene e del cavo orale e dell’orofaringe che ovviamente possono colpire anche il maschio. Anche la patologia benigna può interessare il maschio con condilomatosi perineale, perianale e peniena. Non esistono attualmente test di screening per il maschio che dovrebbe però sottoporsi a controllo clinico se presenta segni clinici.

Papillomavirus come si cura

Come per la maggior parte dei virus, salvo alcune eccezioni, non abbiamo a disposizione un trattamento specifico per l’infezione da papillomavirus.
L’unica opportunità di trattamento ancora oggi è quella di trattare le lesioni che l’infezione ha già generato con l’escissione delle lesioni benigne (condilomi) o maligne (lesioni pretumorali o tumorali).
In questo campo è perciò di fondamentale importanza la diagnosi precoce attraverso l’adesione ai programmi di screening (pap-test e HPV test) e i controlli periodici ginecologici o dematologici che sono in grado di rilevare lesioni a livello vulvare, perineale, perianale.
Abbiamo oggi però a disposizione l’opportunità di prevenire l’infezione per mezzo di un vaccino specifico.

Il vaccino per il Papillomavirus

Generalità

Come per molti altri virus, la ricerca ha lavorato per anni per produrre un vaccino che permettesse la prevenzione dell’infezione, in soggetti sani.
In Italia dal 2007 abbiamo a disposizione due vaccini contro l’HPV uno quadrivalente, il Gardasil ® e uno bivalente il Cervarix ®; molto più recentemente è stato introdotto il nonavalente Gardasil 9 ®.
Tutti i vaccini in commercio sono stati sviluppati con una tecnologia ricombinante che ha permesso di ricreare il capside (il guscio) del virus, che è la parte che stimola la risposta immunitaria, senza il DNA (che è la parte vitale del virus, quella infettante). Tutti questi vaccini sono in grado di stimolare una risposta immunitaria più forte di quella naturale e per questo conferiscono immunità duratura.
I diversi vaccini si distinguono per i sottotipi virali verso i quali sono attivi:

Gardasil ®: 16, 18, 6, 11

Cervarix ®: 16, 18

Gardasil9 ®: 16, 18, 6, 11, 31, 33, 45, 52, 58

Il 16 ed il 18 sono i ceppi più frequentente interessati nello sviluppo di tumori e l’obiettivo del vaccino è prevenire l’infezione per prevenire i tumori da questa indotti (70% circa). Il 6 e l’11 sono i ceppi prevalentemente coinvolti nelle lesioni condilomatosiche (benigne), i vaccini quadri e nonavalente prevengono quindi anche queste. Il nonavalente in più conferisce protezione verso altri 5 ceppi ad alto rischio di induzione tumorale arrivando a prevenire una quota più elevata di tumori.

Aspetti clinici

Il vaccino, per conferire immunità deve essere somministrato in soggetti sani (non è curativo), serve infatti a prevenire l’infezione.
Il vaccino è gratuito e raccomandato alle bambine di 11 anni in quanto si presume che non siano sessulamente attive e non abbiano quindi avuto contatto con il virus, ma che presumibilente possano iniziare la loro vita sessuale negli anni a seguire.
Il vaccino può essere somministrato anche a donne sessualmente attive che si assumono il costo del medicinale. Si consiglia in questo caso di eseguire un HPV DNA test prima per assicurarsi di non avere l’infezione in corso. Questo per assicurare il massimo della protezione ed anche un opportuna gestione clinica in caso di test positivo.
Il vaccino previene l’infezione da HPV dei ceppi contenuti e conferisce quindi indirettamente protezione per tutte le patologie ad esso correlate: è dimostrato un effetto protettivo su tumori del collo dell’utero, vaginali e vulvari, ma anche sulle lesioni tumorali e pretumorali a livello  anale e sulle lesioni condilomatosiche sia nella donna che nell’uomo.

Effetti collaterali e reazioni avverse

Essendo il vaccino un farmaco somministrato alla popolazione sana è necessario, per essere introdotto, che dimostri un profilo di sicurezza estremamente elevato.
Esistono numerosi studi di sicurezza preclinica e sono in corso tutti i controlli di sicurezza da quando introdotti sul mercato.
Per tutti i vaccini contro l’HPV sono riportati come comuni reazioni locali come dolore in sede di iniezione, gonfiore, eritema. Meno frequentemente si evidenzia febbre nei giorni successivi, generalemente di lieve entità, mal di testa e dolori muscolari.
Gli eventi avversi gravi sono rari, negli studi preclinici si sono verificati in proporzione non differente nel gruppo di pazienti a cui è stato inoculato il vaccino e a quelli a cui è stato inoculato il placebo dimostrando pertanto un ottimo profilo di sicurezza.
In fase di sorveglianza (dopo l’introduzione del vaccino in commercio) si sono verificati alcuni casi di sindrome di Guillain-Barrè (sindrome neurologica), con una frequenza però non differente dalla popolazione non vaccinata, sono stati segnalati anche alcuni eventi trombotici ma in soggetti con altri fattori di rischio.
In conclusione la sicurezza del vaccino è considerata molto elevata, ma soprattutto il rapporto tra rischio e beneficio, che è il paramentro più importante per valutare la sensatezza di qualsiasi provvedimento in medicina è a favore della somministrazione del vaccino in quanto i benefici sono di molto superiori ai rischi.

Vaccino e test di screening

Come detto in precedenza il vaccino offre una protezione dai virus che causano circa il 70% dei tumori del collo dell’utero. Non il 100%!
Questo significa che anche le donne vaccinate dovrebbero continuare a sottoporsi ai test di screening (con PAP test) per evitare quella piccola quota di richio che rimane anche dopo il vaccino.

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